venerdì, luglio 11, 2008

Alcune riflessioni liberamente tratte dai "Quaderni dal carcere" di A. Gramsci

TESI: l'italia non ha una letteratura nazionale-popolare e in quanto popolare capace di arrivare agli strati più vasti della popolazione, di orientarli, educarli, formarli ad una determinata concezione "la tradizione è libresca e astratta. gli intellettuali sono lontani dal popolo, cioè dalla nazione, e sono invece legati ad una tradizione di casta, che non è mai stata rotta da un forte movimento politico popolare e nazionale dal basso. gli intellettuali non provengono dal popolo, nè si sentono legati ad esso (se non dalla retorica). Non ne sostengono nè ne sentono i bisogni, le aspirazioni, i sentimenti diffusi; nei confronti del popolo sono qualcosa di staccato. Ciò vale non solo per la narrativa, ma anche per la letteratura scientifica. I laici hanno fallito il loro compito storico di educatori ed elaboratori della intellettualità e della coscienza morale del popolo-nazione, non hanno saputo dare una soddisfazione alle esigenze intellettuali del popolo. Proprio per non aver saputo elaborare un moderno umanesimo capace di diffondersi fino agli strati più rozzi e incolti, come era necessario dal punto di vista nazionale". Prima con Pasolini, ora con Gramsci, ho la vaga sensazione che a distanza di 40/70 anni, non siano cambiate molte cose in Italia...

4 commenti:

Anonimo ha detto...

good start

Anonimo ha detto...

quello che stavo cercando, grazie

Anonimo ha detto...

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